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L’infermiera della Maratona di Londra e le squalifiche più strane

L’infermiera della Maratona di Londra e le squalifiche più strane

Ha sicuramente fatto scalpore il caso dell’infermiera Jessica Anderson, squalificata dalla recente Maratona di Londra, e non solo nell’ambiente del running. Ma la sua non è stata la prima – e non sarà l’ultima – di una lunga serie di squalifiche delle più strane che hanno affollato la storia di questo sport. I motivi? Decisamente vari. E raramente capaci di sollevare un vero e proprio movimento spontaneo di protesta tanto da far annullare la ‘sentenza’, come accaduto con l’ultima protagonista.

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Jessica Anderson contro il Guinness dei primati

Il 28 aprile scorso, l’infermiera del Royal Hospital di Londra aveva partecipato alla Virgin Money London Marathon. E con una precisa intenzione: quella di iscrivere il proprio nome nel celeberrimo Guinness World Record. Appassionata di maratone, Jessica si è allenata per diventare la più veloce di sempre a correre i canonici 42,195 km vestita della propria tenuta professionale… riuscendoci! Il problema è nato quando i giudici del Guinness hanno deciso di non ratificare il risultato ottenuto.

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Nonostante la donna abbia corso l’intera distanza in 3:08:22, 32 secondi in meno del precedente record, il problema sollevato riguardava la tenuta utilizzata. Troppo ‘vera’. La Anderson ha infatti indossato il classico completo di camice e pantaloni verdi utilizzato in sala operatoria e non – come esigeva il ‘sacro testo’ – con la più iconica uniforme bianca o blu, con grembiule e cappellino, prevista come standard. Ma la sollevazione è stata tale, e a ogni livello, che pressati da social e dalla diffusione dell’hashtag #whatnurseswear i rigidissimi giudici son tornati sulla propria decisione, accettando il tempo e premiando lo sforzo dell’infermiera.

Da Londra a Milano, si bara fino in Cina

Sempre a Londra, nell’edizione precedente, era stato un italiano a farsi notare in questo senso. Un sessantenne barese che era riuscito a far registrare tempi da vero recordman, inferiori persino a quelli di campioni olimpici e mondiali… Purtroppo barando. Dichiarò di aver partecipato per puro divertimento, ma di fatto il suo ‘taglio’ di circa sedici chilometri – scoperto dai giornalisti inglesi – non ci fece fare una gran figura.

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Niente in confronto ai 237 atleti amatoriali cinesi macchiatisi della stessa colpa in occasione della scorsa maratona di Shenzen. Certo, la loro interpretazione creativa del percorso gli ha permesso di guadagnare ‘solo’ un paio di chilometri, ma le telecamere sono state impietose: condannati, senza appello. Siamo lontani comunque dal record dei 5.122 squalificati per irregolarità sui 32.645 partecipati alla Maratona di Città del Messico.

Furbetti italiani e giuste punizioni

In Italia va di moda la fantasia, come sempre. E se a Roma c’è chi ha provato a sorprendere e ingannare i giudici correndo in bicicletta (ovviamente coprendosi il numero e il volto), non sono mai pochi i furbetti che cercano di migliorare i propri tempi approfittando persino di taxi o bus. E se nella Capitale è ormai quasi impossibile barare, nella Milano Marathon del 2016 ci fu anche chi provò a correre in coppia, dividendo chilometri e pettorale con un amico.

Una condivisione simile – ma solo negli effetti – a quella patita da Jake Halliday di nuovo a Londra, nel 2018. Dopo circa 40 chilometri lo sportivo (che correva per beneficenza, riuscendo a raccogliere quasi 50mila sterline per Bloodwise) aveva perso il proprio numero, casualmente trovato e raccolto dal senzatetto Stanley Skupien. “Il mio sogno si è realizzato – aveva dichiarato l’imbroglione. – Meritavo la mia medaglia!”… Ritirata dopo la testimonianza di un amico che aveva scoperto l’inghippo da delle foto postate online.

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